domenica 18 ottobre 2015

QUANDO L'HORROR É TRICOLORE parte1

L'horror italiano inserisce la crudeltà nella banalità del quotidiano, ponendo al centro delle sue vicende l'essere umano e le sue pulsioni più basse. Guardandoci indietro negli anni é facile vedere come imperversino pellicole piene di follia e depravazioni. Tutto ha inizio negli anni '60, anno in cui il grande Mario Bava, genio indiscusso dell'horror, ha fatto proprio questo genere, dando vita a capolavori immortali quali "la maschera del demonio", "operazione paura" e il precursore del moderno slasher, ovvero "reazione a catena". Alla fine del decennio iniziano ad emergere nuovi registi in grado di portare qualcosa di nuovo e sconvolgente nel genere e un giovane romano in quegli anni firmava uno dei più bei thriller di sempre: l'uccello dalle piume di cristallo. Il giovane é ovviamente Dario Argento, che mantenendo vivo il gusto di Bava per la bellezza scenica della morte, é destinato a stravolgere per sempre le regole del genere, gettando le basi per quello che sarà l'horror all'italiana che ha caratterizzato tutto il ventennio successivo. É lui infatti ad aver introdotto alcuni elementi che poi diventeranno ricorrenti, come la soggettiva del serial killer, la ricerca ossessiva di inquadrature non convenzionali e soprattutto introduce nei suoi film, la ricorrente del trauma psicologico a motivare le azioni che spingono l'assassino ad agire con tanta efferatezza. Ma il culmine viene raggiunto dallo stesso Argento verso la metà degli anni '70 con profondo rosso prima e con suspiria, considerato uno dei suoi più grandi capolavori poi. Il cinema horror italiano é uno dei più apprezzati a livello planetario e questo c'è lo conferma la grande influenza che ha avuto e che continua ad avere in ogni parte del mondo. 

Come dimenticare l'espressione terrorizzata di Barbara Steel in "la maschera del demonio" o l'atroce massacro in "reazione a catena"? Immagini visivamente forti come queste non si lasciano dimenticare facilmente. I personaggi sono ridotti a semplici marionette guidati solo dai loro istinti, come se fossero mossi da una oscura pulsione che li spinge a compiere ogni nefandezza. Il cinema di genere italiano così come tutti noi lo conosciamo, molto probabilmente non sarebbe mai esistito senza Mario Bava, e non solo perché il thriller all'italiana era stato da lui reinventato anni prima con "la ragazza che sapeva troppo" e in "sei donne per l'assassino", ma anche perché la sua fantasia e l'uso di effetti speciali artigianali, semplici ma efficaci saranno fonte di ispirazione per i registi di genere futuri. Ma in casa Bava, l'orrore viaggia nel sangue, di padre in figlio si è arrivato fino a Lamberto che ha saputo destreggiarsi con maestria nel genere in cui suo padre eccelleva. Dopo un inizio come assistente alla regia in alcuni capolavori del padre come "terrore nello spazio" e "operazione paura" fa il suo esordio con "shock" scritto da Lamberto e diretto dal padre Mario. Anche se non sempre é riuscito ad ottenere gli stessi risultati del genitore, con "demoni" Lamberto ha raggiunto il suo picco più alto, mettendo in scena un horror davvero violento dal ritmo serratissimo che non risparmia scene splatter. Con tutta quella bava verde, ferite, zanne acuminate che spuntano tra fiumi di sangue il voltastomaco é assicurato. Non per niente gli effetti speciali sono curati dal genio italiano del settore Sergio Stivaletti. Per non parlare della colonna sonora firmata da Claudio Simonetti... Inconfondibile. 

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