mercoledì 8 giugno 2016

Evil Dead- La genesi di un successo mondiale

La casa é da sempre sinonimo di protezione, di intimità, un posto sicuro dove rifugiarsi per difendersi dai pericoli della quotidianità. Non stupisce quindi, che il cinema dell'orrore si sia appropriato di questo concetto, capovolgendolo, trasformando la casa in un ricettacolo di orrori e di pericoli. La casa, non più come istituzione familiare ma come rifugio per demoni sotterranei e ogni sorta creatura strisciante. Una serie di orrori senza fine che partendo dal gotico inglese, (ricordiamo il castello di Dracula ad esempio, coprotagonista insieme al vampiro) ha attraversato ogni generazione e trovando forse la sua massima espressione all'inizio degli anni '80 con Evil dead. 


Era per l'esattezza il 1981 quando, Sam Raimi, un giovane studente appassionato di cinema, decide di rielaborare e ampliare un suo cortometraggio amatoriale. Si trattava di Within the wood, una storia dalla trama semplice: un week end nei boschi, una vecchia leggenda e zombi in cerca di vendetta. Il giovane regista non avendo la possibilità economica di ingaggiare veri attori, coinvolse due suoi amici di vecchia data, Robert Tapert, studente in economia e Bruce Campell, un aspirante attore sfortunato che si adattava a fare tassista dopo aver mollato il college. I tre, con la passione per le commedie, decisero di esordire con l'horror perché all'epoca era il genere più in voga e quindi il più redditizio. La loro idea era di puntare tutto sulla violenza e sul gore, aggiungendovi nella trama quasi come protagonista il lovecraftiano necronomicon, un particolare che ha posto il film anni avanti alla successiva moda dei film tratti dalle opere dello scrittore di Providence. La corsa ai finanziamenti, come ci si aspetta, per un film così ambizioso e per di più realizzato da totali dilettanti non fu semplice, furono tante le porte sbattute in faccia, ma, con tanta forza di volontà i tre riuscirono a racimolare la modesta somma di 350000 dollari. Tra i finanziatori del film ci fu Andy Grainger, il proprietario di una serie di sale cinematografiche che chiese ai tre un solo compromesso: "Ragazzi, non importa cosa vogliate fare, basta che sullo schermo scorra sempre il sangue e conquisterete tutti“. Il resto è un caposaldo del cinema del terrore.


Il film ebbe da subito un immenso successo, facendolo diventare qualcosa di più di un semplice film da dilettanti. La cosa che faceva impazzire le platee era che nonostante avesse una trama vista e rivista centinaia di volte ed esistessero opere simili realizzate da registi apprezzati, a differenza degli altri, questo ambizioso filmetto a basso costo terrorizzava sul serio. Evil dead senza neppure rendersene conto aveva dato vita alla rinascita di un sotto genere che avrebbe imperversato per tutti gli anni '80. Il film fu girato nei fine settimana e nel tempo libero nell'arco di un anno e mezzo, con effetti speciali improvvisati, realizzati sul set con mezzi di fortuna, usando per lo più prodotti alimentari. L'invenzione geniale di Evil dead era la visuale in soggettiva del demone di turno. La telecamera quindi inseguiva i ragazzi in corse folli nei boschi o attraverso le stanze dello chalet dove era ambientata la storia, diventando il nostro punto di vista, facendoci dapprima tifare per i ragazzi per poi diventare noi stessi il mostro che li insegue.  Le regole classiche di cinema vengono sovvertite in un uso anarchico e innovativo della macchina da presa che mai prima di Evil dead è stato mai portato tanto al parossismo: il cinema e il suo sguardo annientano le barriere di set e di storia, distruggono oggetti, passano attraverso la materia per ingoiare la carne, sfaldarla, renderla quasi materia pittorica di colori acrilici, ricreando, attraverso la miserabilità di un budget pauperistico, nuove forme di linguaggio filmico che non si accontentano di urla e tagli, ma arrivano a riflettere sull’essenza stessa del cinema. Evil dead é il film che ogni fan del cinema horror avrebbe voluto vedere, un’orgia violenta dalla velocità di un blu tornado di Gardaland, pieno di scene fantasiose e di mostri spaventosi.



giovedì 2 giugno 2016

LE FILASTROCCHE NEI FILM HORROR


Le filastrocche: testi brevi con rime simpatiche e semplici da ricordare, che attraggono la nostra mente con suoni onomatopeici giocosi. Non sarà un caso se la maggior parte delle favole per bambini si servono di questa arcaica forma di poesia popolare per comunicare, intersecando poi tra le immagini e i colori ricami di insegnamenti impreziositi da piccole gemme di paure. Si paure, perché non c'è favola per bambini che non abbia al suo interno streghe, orchi o lupi cattivi pronti a divorare il il bambino di turno. Proprio le filastrocche ci riporteranno nell'intricato labirinto della nostra infanzia. Li sarà più semplice entrare nei panni del piccolo protagonista di Babadook. Come la maggior parte dei bambini anche Samuel cade nelle braccia di Morfeo mentre la madre li sta leggendo la favola della buonanotte, in questo caso Babadook per l'appunto la quale inizierà a tormentare le sue notti e i suoi giorni. 

Il perché é presto spiegato nella nella filastrocca che accompagna il film:

BABA BABA BABADOOK
CHIUDI IL LIBRO E NON C’È PIÙ
CHIUDI GLI OCCHI ED È CON TE
SEI GIÀ MORTO
UN, DUE, TRE


Ma il cinema dell'orrore gronda di filastrocche che é difficile se non impossibile che queste ci restino impresse nella memoria. Un altra celebre filastrocca che ha come protagonista l'uomo nero, signore indiscusso dei nostri incubi adolescenziali e non solo é quella del mitico Freddy krueger della fortunata saga di "Nightmare" . Eccola:

L’UOMO NERO NON È MORTO
HA GLI ARTIGLI COME UN CORVO
FA PAURA LA SUA VOCE
PRENDI SUBITO LA CROCE
APRI GLI OCCHI, RESTA SVEGLIA
NON DORMIRE QUESTA NOTTE

Nightmare si accomuna Babadook per la paura di dormire, di scorgere sotto il letto quel qualcosa o quel qualcuno che potrebbe farci del male proprio tra le mura della nostra dimora. Ciò che non si scorge nel film interpretato da Essie Davis e Noah Wiseman è la certezza che la religione aiuti a rivolvere il dramma, mentre l’introduzione del demone avviene attraverso la bocca. Le urla di Amelia aprono il varco all’uomo nero e forse lì avrebbe dovuto rammentare le parole che aleggiano in Dead Silence:

ATTENTI A MARY SHOW DAGLI OCCHI PAZZI
NON AVEVA FIGLI MA SOLO PUPAZZI
E SE PER CASO NEI VOSTRI SOGNI APPARE
NON DOVETE MAI, MAI GRIDARE

Samuel, dal canto suo, pare già conoscesse bene le fattezze dell’uomo nero però, invece di fuggire come consigliato nella “maledetta tiritera” posta in apertura dell’opera di Fritz Lang, M – Il mostro di Düsseldorf , preferisce costruirsi in casa delle rudimentali armi in modo da ucciderlo nel momento opportuno.

SCAPPA SCAPPA MONELLACCIO
SE NO VIENE L’UOMO NERO
COL SUO LUNGO COLTELLACCIO
PER TAGLIARE A PEZZETTINI 
PROPRIO TE!

Infine in Babadook affiora l’accanimento di Amelia non solo verso il figlioletto ma anche a discapito del cagnolino. Un’affinità con molte opere in cui gli animali domestici vengono offerti in sacrificio o simboleggiano l’arrivo di sventure e che raggiunge l’acme in una filastrocca del Maestro dell’horror Dario Argento, tratta direttamente da Non ho sonno:

È arrivata mezzanotte, con il letto faccio a botte, ora inizia la mia guerra con le bestie della terra. 
Una del mattino, il fattore è felice come un bambino, sgozza il maiale più bello e si libera del primo fardello. 
Due del mattino, ora tocca al gallo, usa bene il suo strumento, per la morte è un godimento. 
Tre del mattino, il fattore strangola il pulcino, “L’insonnia mi tormenta!”, si rigira nel letto e si lamenta. 
Quattro del mattino, ha acchiappato un gattino, ma poiché l’ha graffiato, nell’acqua gelata l’ha affogato. 
Cinque del mattino, il fattore è nel giardino, accarezza il coniglietto, poi lo sbatte al muro per diletto. 
Sei del mattino, al cigno più carino, il fattore ha tagliato la testa, ormai nessun nemico gli resta. 
Ecco arriva il nuovo giorno, il fattore si leva di torno, le sue armi può posare e finalmente può dormire.


Allora, siete ancora convinti che le filastrocche siano delle rime innocenti? Dopotutto, come dice il piccolo Samuel, protagonista di Babadook, La vita non è sempre come appare, può essere una cosa meravigliosa, ma può anche essere molto insidiosa…


mercoledì 1 giugno 2016

IL CASTELLO DI AZZURRINA- IL FILM TRATTO DALLA LEGGENDA DEL FANTASMA DI MONTEBELLO


Anche l’Italia ha i suoi orrori: un nuovo incubo che agita i sonni di milioni di persone.
Non stiamo parlando di Equitalia, ma di un film horror basato su una storia vera che si appresta a diventare il nuovo Annabelle.
Questa volta però non si tratta di bambole assassine.
Protagonista suo malgrado è un fantasma che da secoli infesta il castello di Montebello (Torriana).
Il castello di Azzurrina, diretto da Giacomo Franciosa, nipote del celebre attore hollywoodiano Anthony (La lunga estate calda, Un volto nella folla e Tenebre con Dario Argento) e scritto da Ernesto Siciliano e Sergio Tiboni, è ispirato alla leggenda più famosa della Valmarecchia: lo spirito di una bambina, Azzurrina appunto, che ogni cinque anni, in concomitanza con il solstizio d’estate, torna a farsi sentire nel castello.

Chi è Azzurrina?

Si dice che fosse una bambina albina. Poiché la superstizione popolare dell'epoca collegava l'albinismo con eventi di natura diabolica, la madre decise di tingerle periodicamente i capelli di nero. Tuttavia, dato che li tingeva con pigmenti di natura vegetale estremamente volatili, questi, complice la scarsa capacità dei capelli albini di trattenere il pigmento, avevano dato alla bimba riflessi azzurri come i suoi occhi: così avrebbe avuto origine il soprannome di "Azzurrina".
A causa di questo fatto il padre decise di far sorvegliare sempre la bimba da due guardie, Domenico e Ruggero, e non la faceva mai uscire di casa, per proteggerla dalle dicerie e dal pregiudizio popolare.
Si dice che il 21 giugno del 1375, mentre il padre era fuori in battaglia, Azzurrina, sempre vigilata dai due armigeri, giocasse nel castello di Montebello con una palla di stracci mentre fuori infuriava un temporale. Secondo il successivo resoconto delle guardie la bambina avrebbe inseguito la palla caduta dalla scala all'interno della ghiacciaia sotterranea, nell'intento di recuperarla. Avendo sentito un urlo, le guardie sarebbero accorse nel locale entrando dall'unico ingresso, ma non avrebbero trovato traccia né della bambina né della palla, e il suo corpo non sarebbe stato mai più ritrovato. Il temporale sarebbe cessato con la scomparsa di Azzurrina.
La leggenda vuole che il fantasma della bambina sia ancora presente nel castello e che torni a farsi sentire ogni cinque anni, in concomitanza con il cadere del solstizio d'estate.